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    La cena dei 40

    By matteo | December 17, 2006

    Vent’anni fa, nel piccolo e vezzoso borgo di campagna noto come Campiglia dei Berici ebbe luogo l’ultima cena di classe (intesa come “anno 1966”). Poi il nulla. Della ventina (supergiù) di prodi pargoletti che s’eran riuniti con l’asilo e le elementari tra agli inizi degli anni ’70 solo 3 erano rimasti colà, gli altri dispersi per il Veneto. Strade differenti, scelte differenti: così è la vita, verrebbe da dire. Negli anni, a parte il quasi-amico-del-cuore, con gli altri nessun contatto eccetto qualche incrocio a qualche funerale, una ciacola ad un asilo e giù di lì. Due degli 8 maschi son stati falciati da premature morti, i restanti e tutte le femminucce – eccetto una – si son maritati: ecco la totalità, nuda e cruda, delle info a disposizione.

    Un mese fa la lettera: ci si riunisce tutti al paesello natio, importati inclusi (vale la pena notare che il qui presente s’è spostato, ammogliandosi, ad una quindicina di chilometri), si va alla Messa e poi a cena.

    Con la curiosità di chi vuol vedere come è andata a finire (sino ad ora) e con l’imbarazzo di non saper riconoscere, non saper cosa dire e cosa fare ci sono andato. Uno sparuto gruppetto era fermo sul piazzale davanti alla chiesa parrocchiale: 8 persone. Con il sottoscritto e il quasi-amico-del-cuore (ritardatari per schivare la funzione) il manipolo si consolidò sulla 10 presenze. Un paio di battute per rompere il ghiaccio, qualche difficoltà a riconoscere qualcuno e confusione sui nomi, un timido saluto a due new-entry ed ecco le prime due defezioni. Il primo: c’ho da andare ad allenarmi per una gara di ballo. Vieni a salutare al rendevouz dei 40, vent’anni dopo l’ultimo e poi vai ad allenarti per una gara di ballo (tutta roba dilettantistica, eh, mica campionati del mondo, poi)? Il secondo: è un periodo che c’ho sempre acidità di stomaco, faccio fatica a digerire, badabìn e badabàn, quindi vi saluto e vado a casa. Ma scherzi? A parte la manfrina come sopra (40, 20…), ma cazzo ti ordini una mozzarella, mangi solo i grissini o proprio non vieni, dai. Così si resta solo in tre maschietti e si accompagnano le 7 donzelle (che diventano 8 dopo poco). La fa da padrone, per il reciproco riconoscimento, la foto di gruppo della Prima Comunione, vera pietra miliare nel cammino di tutti.

    E’ l’inizio di una serata speciale. Va detto che le ragazze son tutte in ottima forma, alcune di loro anche estremamente affascinanti. Dopo la conta dei pargoli (la quasi totalità ha due figli, eccetto l’unica nubile, che però ha un gatto, persiano a pelo lungo) un delizioso tuffo nel passato. Qui si scopre che:

    – all’ultimo anno di asilo la suddetta copia di quasi-amici-del-cuore era tiranneggiata da miss S. (l’idea che più m’è frullata in testa è di una versione attuale tutta inguainate nel lattex con la frusta e le manette) che ci costringeva a mangiare il trifoglio;

    – ero odiatissimo, sempre all’asilo, per via di una preferenza goduta da parte delle coercitive suore e, per giunta, tutti son stati fotografati (avete presente le foto del bimbetto in grembiulino sul banchetto) con davanti un mio orripilante disegno (omini con la testa quadrata, ma pensa).

    Poi è tutto un susseguirsi di confessioni sui primi amori, i secondi, i terzi, per alcune con un certa molteplicità contemporanea. Quindi le visioni (in un caso con la confessione di avere un quasi dono della premonizione, mica pizza e fichi) delle mondo, della famiglia, dell’abbigliamento, della politica, dei maschi, degli SMS di mariti straordinariamente innamorati e virtuosi. Racconti di matrimoni, di anni di difficoltà a dormire nel letto dell’alcova (paradossale la confessione: “Sono 12 anni che dormo male la notte!”), di figli grandi e piccoli, di crisi e fortune, di difficoltà a ricordare e di immagini vividissime. Una sta scrivendo un libro, un altro vuol chiudere la ditta, una va a casa presto che c’ha la pupa piccola, l’altra ricorda un barista meraviglioso di una enoteca di Roma. Civetterie, finti snobbismi, frecciatine e viperate, assieme a vino bianco frizzantino e fette di torta. A voler esser pignolo l’unico neo è stato un certo uso sbarazzino dei luoghi comuni (persino di alcuni mal pronunciati, orrore sopra l’orrore).

    Poi l’addio, ripromettendosi che non passeranno altri vent’anni, qualche scambio di numeri di cellulare, qualche promessa difficile da mantenere. Però la vita è bella anche per queste cose qua, semplici, senza pretese, fatte di qualcosa che assomiglia all’amicizia.

    Topics: Un tempo era tutta campagna | 3 Comments »

    3 Responses to “La cena dei 40”

    1. caporale Says:
      December 18th, 2006 at 1:43 pm

      è un po’ come trovarsi tra blogger, no?

      e comunque davvero misteriosi quei due, che hanno mollato subito, con scuse risibili … (l’acidità di stomaco, maddai)

    2. spiritum Says:
      December 18th, 2006 at 11:24 pm

      @Caporale: non misteriosi, vecchi, sant’Iddio, vecchi! In effetti è un po’ come trovarsi tra blogger, solo che il terreno comune non è legato all’attuale ma a frequentazioni di 30 anni fa.

    3. Igene Says:
      December 20th, 2006 at 9:27 pm

      Certo che quella preferenza della suora …